IL MONDO CHE VERRÀ. Tutti vogliamo usare le nuove tecnologie che dovrebbero aiutarci a vivere in un mondo più "pulito" e quindi smartphone, computer portatili e veicoli elettrici saranno sempre di più il nostro futuro. Tutta questa tecnologia del nostro nuovo mondo ha però bisogno di essere alimentato e da cosa se non da batterie ricaricabili agli ioni di litio con cui vivono le nostre tecnologie. C'è quindi una corsa all'uso di batterie ricaricabili di grandi dimensioni per immagazzinare l'elettricità generata da fonti solari ed eoliche e consegnarla ai consumatori in modo più efficiente e queste tecnologie sono percepite molto attraenti per la loro sostenibilità. Ma con il boom della richiesta per arrivare ad una "rivoluzione green", è opportuno chiedersi se l'energia che alimenta questo passaggio sia veramente tutta così "pulita" come si dice di essere.
IL COBALTO L'ORO AFRICANO. Il cobalto è un minerale fondamentale per alimentare la rivoluzione dell'energia pulita. Più del 50% della fornitura mondiale di solo cobalto si trova nella Repubblica Democratica del Congo (RDC). Secondo le stime del governo, il 20% del cobalto attualmente esportato dalla RDC proviene da minatori artigianali, chiamati creuseurs, che lavorano nella parte sud del Paese. Sono circa 110.000/150.000 operai che lavorano anche per grandi industrie internazionali e che scavano a mano nude o con strumenti inidonei, per estrarre rocce dai tunnel sotterranei, materiale che poi viene destinato alle fonderie, alle raffinerie e spedito ai trasformatori situati in Cina, dove viene lavorato in una varietà di prodotti chimici utilizzati nella produzione di batterie ricaricabili.
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Un bambino minatore in una delle tante miniere della Repubblica Democratica del Congo. |
BOOM DEI PREZZI E LAVORATORI BAMBINI. La domanda di batterie ricaricabili ha contribuito al boom dei prezzi del cobalto iniziato già nel 2017 e le miniere della RDC per far fronte alla grande richiesta hanno attivato più risorse e fatto lavorare migliaia di minatori anche in condizioni di grave rischio perché le grandi società si affidano a sub fornitori
locali per la gestione del processo estrattivo e in questo passaggio che
si fotografano situazioni di sfruttamento e di inquinamento ambientale.
Già nel gennaio 2016, Amnesty International e African Resources Watch (Afrewatch) avevano pubblicato un Rapporto "This is What We Die For": Human Rights Abuses in the Democratic Republic of the Congo Power the Global Trade in Cobalt (This is What We Die For), che esaminava le condizioni in cui i minatori artigianali in cui erano costretti a lavorare, cercando anche di tracciare una certa modalità di condizioni ragionevoli per la tutela del lavoratori.
IL RAPPORTO DI AMNESTY. Il Rapporto denuncò gravi violazioni dei diritti umani nelle fasi dell'estrazione, con uomini senza dispositivi di protezione o sicurezza di base come respiratori, guanti o protezioni per il viso, e soprattutto senza le protezioni legali statali in caso di malattie croniche tipiche degli estrattori come: malattie respiratorie gravi e potenzialmente fatali a causa dell'esposizione prolungata a polveri contenenti metalli, oltre alla grave scoperta di bambini di 7 anni al lavoro di ricerca di rocce contenenti cobalto. Il Rapporto chiese a 26 imprese minerarie presenti una DUE DILIGENCE sui diritti umani e per sapere la provenienza del loro cobalto e le vere condizioni in cui era stato estratto e commercializzato. Amnesty International concluse che le 26 società sulle condizioni richieste non erano state in grado di dare risposte esaurienti, e soprattutto poca trasparenza sulla provenienza del cobalto estratto.
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Children sort rocks containing cobalt ore by hand, March 2017 © Amnesty International/Afrewatch |
Il Rapporto analizzò di nuovo le 29 società già precedetemente messe sotto esame dal Rapporto 2016: la Huayou Cobalt (la fonderia e la catena di approvvigionamento) e le 28 società a valle. Le società a valle includono società di elettronica rivolte ai consumatori come Apple Inc. (Apple), Huawei Technologies Co., Ltd (Huawei) e Microsoft Corporation (Microsoft); case automobilistiche, tra cui BMW Group (BMW), Daimler AG (Daimler) e Tesla Inc. (Tesla); produttori di celle per batterie come Samsung SDI Co., Ltd (Samsung SDI) e LG Chem Ltd. (LG Chem); e produttori di catodi come L & F Co., Ltd (L&F). Oltre a 5 case automobilistiche (BMW, Fiat-Chrysler Automobiles NV (Fiat-Chrysler) General Motors Co. ( General Motors), Renault Group (Renault) e Tesla).
Il rapporto Amnesty concluse che sì ci sono stati dei progressi da parte di alcune aziende, troppe però non riescono ancora a rispettare gli standard internazionali e non vengono divulgati i rischi e gli abusi dei diritti umani nelle proprie catene di approvvigionamento e quindi è praticamente impossibile valutare l'efficacia delle azioni aziendali per rispettare i diritti umani.
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Minatori nella Repubblica Democratica del Congo. Foto Reuters |
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La nuova corsa all'oro. Infograficapisano©RIPRODUZIONE RISERVATA |
Oltre ai sussidi governativi all’industria e alle barriere d’ingresso per le aziende straniere, il vantaggio dei produttori di batterie cinesi rispetto ai concorrenti è l’accesso alle materie prime africane e dal fatto che le società minerarie cinesi in Africa in questi anni hanno comprato le miniere di cobalto e litio e degli altri metalli per assicurarsi tutte le forniture necessarie.
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Artisanal miners working in a hand dug mine, Kasulo, March 2017 © Amnesty International/Afrewatch |
DALLE IMPRESE PETROLIFERE ALLE IMPRESE MINERARIE
In conclusione mentre ci sono stati segnali di progresso da parte di alcune industrie minerarie che operano in Africa nel settore estrattivo, la preoccupazione degli osservatori è che questa rivoluzione green che dovrebbe portare l'occidente verso un mondo più "pulito" e liberarla da fonti che hanno portato il progresso industriale e tecnologico, soprattutto il petrolifero, potrebbe avere delle connotazioni negative. Da una parte la "nuova colonizzazione" di alcuni paesi africani e dall'altra la creazione di economie di monopolio con supremazie di mercato di alcune aree asiatiche del mondo che con lungimiranza hanno acquistato interi territori africani ricchi di materie prime e che si preparano a sfruttare e quindi ad avere una posizione dominante sul mercato mondiale. Dalle industrie del petrolio alle industrie di estrazione minerarie un po' come cadere dalla padella alla brace.
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Interno delle miniere di estrazione di materie prime. Foto Amnesty y Afrewatch |