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Yamamoto, addio all'ecclettico artista giapponese

MORTE DI UN ARTISTA VISIONARIO
«L’energia umana non ha limiti».
Kansai Yamamoto, il pioniere della moda proveniente dal Sol Levante che ha segnato la storia dello stile anticonformista degli anni ’70 londinesi ci ha lasciato il 21 luglio a 76 anni per leucemia in un ospedale di Tokyo.


Nato a Yokohama nel 1944, audace e visionario cresciuto e ispirato dalle arti tradizionali del Kabuki, fu il primo artista giapponese a sfilare a 27 anni a Londra nei bollenti anni '70 e subito amato da folle di giovani per la sua genialità innata. Primo riconosciuto designer giapponese nella capitale inglese, ha inventato con il suo estro colorato lo stile e l’immagine di molti artisti-musicisti internazionali del rock come David Bowie, John Lennon, Elton John, Stevie Wonder.

QUEL LEGAME SPECIALE
Quello tra Yamamoto e David Bowie in particolare fu un sodalizio unico e diede vita all’alter ego di Bowie col personaggio di Ziggy Stardust con fantastici outfit ispirati ad una leggenda giapponese che narra il rapporto tra la divinità e un coniglio bianco, costumi poi finiti, anche per la loro originalità e bellezza, in varie mostre nel mondo fino al Victoria&Albert Museum di Londra.

La collaborazione e l'amicizia con il Duca Bianco hanno caratterizzato buona parte della sua epoca d'oro, consentendogli tra l’altro di diventare il punto di ispirazione "trasgressiva" e riferimento per altri stilisti importanti come per esempio il francese Jean-Paul Gaultier "l'enfant terrible" della moda mondiale. Di Bowie Kansai disse: "Ho trovato l'estetica e l'interesse di David nel trascendere i confini di genere in modo incredibilmente bello".




L'AUDACIA E LA SFIDA
Restano incredibili i suoi progetti creativi, ritenuti audaci pezzi d'avanguardia anche oggi e che all’epoca sfidavano le norme e la tradizione stilistica dell’abbigliamento uomo/donna e che si distinguevano con tagli originali, design accattivanti carichi di colori e motivi brillanti e sorprendenti, e che lo hanno sempre distinto dalle icone classiche minimaliste della moda giapponese.

Ha partecipato come protagonista assoluto, grazie al suo genio ecclettico e visionario, al periodo storico più anticonformista e “colorato” della seconda metà del ‘900 e ha legato il suo nome a personaggi amati e che, anche grazie alla sua creatività, sono diventati poi icone immortali.


«Ha lasciato questo mondo in pace, circondato dalle persone che amava. Per me, non era solo il personaggio eclettico e pieno d’energia che il mondo conosceva, ma anche una persona premurosa, gentile e affettuosa. Conosceva il valore della comunicazione e mi ha ricoperta d’amore per un’intera vita» Ha scritto la figlia Mirai.
Bruna Pisano©RIPRODUZIONE RISERVATA

Haghia Sophia, dopo 85 anni da museo a moschea

STRATEGIE DI RICONVERSIONE
Da venerdì 24 luglio 2020 la preghiera islamica sarà fatta nella nuova Moschea Hagia Sophia a Istanbul. Alla presenza di Erdogan che dichiara che era un suo sogno di bambino e che con questo atto di rottura con l'Occidente prosegue l’opera d'islamizzazione del quadrante Medio orientale. La Moschea verrà chiusa ai visitatori cinque volte al giorno per permettere la preghiera dei fedeli, dopo aver coperto accuratamente con tendaggi tutte le immagini sacre bizantine raffiguranti i profeti la Madonna con Gesù e tutto quello che può ricordare il precedente status di Basilica cristiana. Fa inoltre preoccupare il gesto dell'imam Ali Erbas (ministro degli Affari religiosi) che è salito sul  pulpito della Moschea impugnando una spada ottomana, che potrebbe essere interpretato come una sfida ai cristiani.

La prima giornata di preghiera nella moschea con l'oscuramento dei simboli cristiani
NUMEROSE LE REAZIONI NEL MONDO
Il Patriarca di Mosca Kirill si dice preoccupato, il Papa addolorato, con l'Unesco c'è tensione essendo patrimonio mondiale, la Chiesa Protestante condanna la riconversione, i Luterani LWF "la moschea mina il significato di «uno spazio condiviso pubblicamente» che «simboleggia apertura e inclusione», In una lettera a Josep Borrell Fontelles, Alto Rappresentante della Commissione Europea, la Kek, la Conferenza delle chiese europee, ha espresso profonda preoccupazione per questa decisione.

La Grecia ha definito la mossa della Turchia una “provocazione aperta al mondo civile” e intende imporre sanzioni contro la Turchia, "perché chiunque violi il diritto internazionale deve capire che per questo comportamento delinquenziale ci sono sanzioni che fanno male (…) La questione di Hagia Sophia è una questione internazionale", senza fornire ulteriori dettagli sulla natura delle sanzioni previste sul patrimonio mondiale protetto dall’Unesco. Il patriarca greco-ortodosso ha proclamato il lutto.


Il primo ministro greco Kyriakos Mitsotakis in una dichiarazione scritta ha espresso la condanna inequivocabile della Grecia: «La Grecia condanna fermamente la decisione della Turchia di trasformare Hagia Sophia in Moschea. Questa decisione – e di fatto a 85 anni dalla sua proclamazione a museo – offende il suo carattere universale. È una scelta che offende anche tutti coloro che riconoscono il monumento come una proprietà della cultura mondiale. E, naturalmente, non riguarda solo le relazioni della Turchia con la Grecia. Ma anche i suoi rapporti con l’Unione Europea, l’Unesco e la comunità globale nel suo complesso. È un peccato che la leadership turca, che ha lavorato per l’Alleanza delle civiltà nel 2005, stia ora scegliendo di muoversi nella direzione opposta».

Ali Erbas
Poi c'è il capitolo Israele che teme le dichiarazioni del documento del Presidente turco: “La resurrezione di Haghia Sophia – vi si legge – anticipa la liberazione di Masjid al-Aqsa [la moschea di al-Aqsa] sulle orme della volontà dei musulmani di lasciarsi alle spalle i giorni duri. La resurrezione di Haghia Sophia è la riaccensione del fuoco della speranza dei musulmani e di tutti gli oppressi, i calpestati, gli sfruttati” e ancora:
(estratto dall'articolo di Seth J. Frantzman per il Jerusalem Post)
"Collegando esplicitamente il provocatorio cambiamento di Haghia Sophia allo status di Gerusalemme, Ankara dimostra che le sue ambizioni vanno molto al di là del ripristinare le preghiere islamiche nella storica cattedrale e moschea di Istanbul: la decisione rientra in una più ampia agenda islamista che riguarda l’intera regione. AKP, il Partito della Giustizia e dello Sviluppo al potere in Turchia, è radicato nella Fratellanza Musulmana e la Turchia è uno stretto alleato di Hamas a Gaza. Anche Hamas ha le sue radici nella Fratellanza Musulmana. La strategia di Ankara persegue una crescente influenza in tutta la regione grazie a gruppi e paesi che la pensano allo stesso modo, come il Qatar e il Governo di Accordo Nazionale (di Fayez al-Sarraj) in Libia.
La Turchia sta cercando di soppiantare l’Arabia Saudita, e altri paesi della regione come Egitto e Giordania, nella qualità di massimo interprete di ciò che è veramente “islamico”. In questo senso, dal punto di vista della dirigenza di Ankara i cambiamenti ad Haghia Sophia non sono altro che un passo all’interno di un più ampio programma di militarismo religioso in Medio Oriente. La Turchia ha invaso parte della Siria orientale nell’ottobre 2019, dopo aver brutalmente svuotato la regione curda di Afrin, in Siria, nel gennaio 2018. La Turchia ha poi reclutato profughi siriani per farli combattere nella guerra civile libica, nel quadro di un accordo militare e petrolifero con Tripoli. A giugno, la Turchia ha lanciato attacchi aerei in Iraq contro gruppi curdi, sostenendo di combattere il “terrorismo”. Un giorno la Turchia potrebbe mirare anche a Gerusalemme. Il discorso presidenziale su Haghia Sophia indica chiaramente che ciò rientra nella sua agenda futura".
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Insomma l'eroe nazionale turco e statista Mustafa Kemal Atatürk e padre della Turchia moderna si rivolterà sicuramente nel suo spettacolare mausoleo di Ankara, io intanto per fortuna ho potuto vedere in un viaggio straordinario in Turchia la meraviglia di Santa Sofia e la bellezza della natura e delle straordinarie zone archeologiche uniche al mondo, popolata da persone accoglienti, colte e gentili, una splendida Turchia pre-Erdogan. 
Bruna Pisano ©RIPRODUZIONE RISERVATA

Chiesa, in salita le nuove accuse credibili verso i preti

I DATI DEL RAPPORTO SULLE VIOLENZE DEI PRETI
"Negli Stati Uniti (Vatican news, 25.6, https://bit.ly/38u82tN) – vede la luce a fine giugno il 17° Rapporto annuale presentato dal Segretariato per la protezione dei bambini e dei giovani della Conferenza episcopale degli Stati Uniti sui casi di violenze e sull’attuazione della Carta di Dallas (varata nel 2002).
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 Rapporto annuale 2019 sulle denunce di violenze dei preti e dei religiosi. infograficapisano©RIPRODUZIONE RISERVATA 
Secondo la revisione condotta dalla StoneBridge Business Partners, studio legale con sede a Rochester, nello Stato di New York, e l’indagine compiuta dal Centro di ricerca per l’apostolato (CARA) della Georgetown University, nel periodo 1.7.2018-30.6.2019 le denunce rispetto all’anno precedente sono triplicate e sono state in tutto 4.434, presentate da 4.220 persone oggi adulte e da 37 minorenni.

Il rapporto afferma che il 37% delle nuove denunce sono dovute ai procedimenti giudiziari in corso, all’introduzione da parte delle diocesi (e delle eparchie) dei programmi di risarcimento per le vittime e dalle dichiarazioni di fallimento aperte da alcune diocesi. Un altro 3% deriva dalla revisione delle schede personali relative ai sacerdoti. In effetti non si tratta di casi recenti: il 57% delle nuove accuse sono relative a casi avvenuti prima del 1975, il 41% a fatti avvenuti tra il 1975 e il 1999 e un 2% a fatti avvenuti a partire dal 2000". (...) Maria Elisabetta Gandolfi

Il Regno. Documenti e Attualità
http://www.ilregno.it/

Chiesa - Protezione dei minori: ancora in salita
Le velocità diversificate nelle conferenze episcopali e il problema dei fondatori
Maria Elisabetta Gandolfi
Il periodo di lockdown e in generale l’emergenza coronavirus ha rallentato molte attività istituzionali anche nel campo della protezione dei minori. È emersa tuttavia l’esigenza di non abbassare la guardia: le violenze sono continuate e hanno trovato una formidabile via di propagazione nella Rete tramite «adescamento on-linesexting (che spesso si svolge tra coetanei), abusi sessuali in diretta, cyber-bullismo e intimidazioni». La fascia di età più colpita è quella dagli 11 ai 13 anni. (...)
http://www.ilregno.it/attualita/2020/14/chiesa-protezione-dei-minori-ancora-in-salita-maria-elisabetta-gandolfi
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La Cattedrale di Nantes. Dalle bombe del '44 agli incendi

Un altro incendio nella Cattedrale di Nantes
Sabato 18 luglio i 100 pompieri della Loira Atlantica sono stati allertati alle 7.44 e hanno combattuto il fuoco, con circa 40 pompe fino a metà mattinata quando l'incendio è stato domato. Il pubblico ministero della città Pierre Sennès ha annunciato l'apertura di un'inchiesta per "incendio doloso", sulla base dell'inchiesta dei vigili del fuoco che hanno rilevato la presenza di tre incendi diversi e distanti. 


LE OPERE DANNEGGIATE
L'ORGANO DEL '600
Il grande organo della cattedrale di Nantes gioiello composto da 5.500 pipe, 74 giochi distribuiti su quattro tastiere e un bellissimo buffet del 17° secolo è una delle perdite patrimoniali più gravi di quest'incendio e si trovava nella parte più antica della struttura.


IL DIPINTO DI FLANDRIN
Il fuoco ha anche completamente bruciato Saint-Clair Healing the Blind, una delle principali opere del pittore Hippolyte Flandrin, uno dei migliori allievi di Ingres. Commissionato per l'edificio nel 1833 questo dipinto (alto 2,36 metri e largo 1,35 metri) non aveva mai lasciato la cattedrale dal 1836. 
“Era importante in diversi modi: questa scena biblica è stata prodotta da un grande pittore religioso del XIX secolo e rappresentava Saint-Clair, il primo vescovo di Nantes, che ha segnato la storia della città e della sua cattedrale ”, spiega Clémentine Mathurin, curatrice monumenti storici alla Direzione regionale degli affari culturali (DRAC) Paesi della Loira. Esiste una piccola copia (34cm per 19cm), fatta dal fratello di Flandrin, Ippolitto, attualmente conservata al museo del Louvre, che non potrà certo mai sostituire quella perduta nella Cattedrale.


IN FRANTUMI LA VETRATA DELLA FACCIATA
“Avevamo tre lancette decorate dei primi del XVI secolo ordinate da Anne de Bretagne. Una rappresentava Anna di Bretagna e il suo santo patrono, l'altra sua madre e il suo santo patrono, e la terza, al centro, Cristo Redentore, descrive Valérie Gaudard, curatrice regionale dei monumenti storici del DRAC Paesi della Loira. Da sabato sera abbiamo iniziato a raccogliere frammenti di vetro colorato sulla strada e sulla piazza e li abbiamo messi in sacchetti numerati, altri devono senza dubbio essere sulla piattaforma e sul passaggio e potrebbero essere recuperati ”.


NOTE STORICHE E TANTI DISASTRI 
La città di Nantes è situata nella Bretagna storica, la sua Cattedrale è una Chiesa cattolica detta anche Saint-Pierre-et-Saint-Paul è in stile gotico la cui costruzione è durata quasi 500 anni dal 1434 e fu inaugurata nel 1891. Fu costruita sopra i resti di altre 3 strutture religiose precedenti. Durante la Rivoluzione francese fu adibita a scuderia e deposito armi, nell'ottocento una esplosione in un castello spagnolo limitrofo provocò gravi danni, nel 1944 fu bombardata durante la guerra, nel 1972 finiti i restauri scoppiò un incendio nel sottotetto che distrusse gran parte delle travature, la cattedrale fu restituita al pubblico a maggio 1985, dopo oltre tredici anni di lavoro. Imponenti quindi i lavori di restauro negli anni passati e recenti, con la ricostruzione anche delle decorazioni del XV secolo nella facciata. Oggi un altro incendio, doloso secondo le prime ricostruzioni, non c'è pace per la cattedrale di Nantes.

Aggiornamento
ARRESTATO IL COLPEVOLE
Una settimana dopo l'incendio un uomo è stato incriminato per "distruzione e incendio" ha 39 anni ed era stato stato arrestato dalla polizia poche ore dopo l'incendio del 18 luglio e poi rilasciato per mancanza di "prove sufficienti per avviare un procedimento" dal procuratore di Nantes Pierre Sennès.
Nuovi elementi, in particolare forniti dal laboratorio del quartier generale della polizia di Parigi, hanno invece rivelato incoerenze nella sua deposizione, posto in detenzione preventiva, l'uomo nella notte ha confessato. 

UN "PREZIOSO VOLONTARIO PASTORALE"
Arrivato in Francia dal Ruanda nel 2012, l'uomo era stato coinvolto nella vita parrocchiale di Nantes per diversi anni, come ha ribadito il rettore della cattedrale di Nantes, il padre Hubert Champenois. "È un uomo del Ruanda che è stato a Nantes per diversi anni e che vive (...) in una casa religiosa", ha detto il giorno dopo l'incendio. Lo aveva descritto come "una persona di fiducia" e "di buona volontà". Il volontario era, insieme ad altri, responsabile della sicurezza dell'edificio religioso ed era stato incaricato di chiuderlo il giorno prima dell'incendio. Ha anche servito l'altare, assistendo i sacerdoti durante le funzioni. 

IPOTESI VENDETTA
Scaduto il permesso di soggiorno gli era stata rifiutata la regolarizzazione e anche la naturalizzazione francese e aveva "l'obbligo di lasciare il territorio francese". Aveva anche inviato un'e-mail "alle autorità amministrative, in cui si era fortemente lamentato della sua situazione" quello che ha fatto insospettire gli inquirenti.

UNA SPECIE DI PENTIMENTO
Per ora, le motivazioni non sono note. L'uomo "è cooperativo" e la situazione presenta "una certa complessità", ha ricordato l'avvocato e inoltre sarebbe "spaventato". "Il mio cliente oggi è consumato dal rimorso e sopraffatto dalla grandezza degli eventi", ha detto Quentin Chabert, "Ha confessato i fatti per i quali è stato accusato, come indicato dal pubblico ministero, vale a dire i fatti di distruzione e degrado della proprietà a causa del fuoco", ha confermato l'avvocato e aggiunge che, con la sua "fede cattolica", il suo cliente "si rammarica dei fatti, questo è certo". È "in una specie di pentimento". Una perizia psichiatrica dovrebbe essere ordinata dal magistrato inquirente. Rischia 10 anni di carcere e una sanzione di 150 mila euro.
Fonte: Le Monde; Franceinfo:culture; Le foto: https://www.christianophobie.fr/carte/cathedrale-de-nantes-des-photos-du-desastre. Bruna Pisano©RIPRODUZIONE RISERVATA

Covid-19 e Yemen, una guerra tutta da vincere

Yemen, un Paese dilaniato dalla guerra e dalla pandemia
È lo Stato a sud della Penisola Arabica riunificatosi nel 1990, uno dei più poveri e sottosviluppati del mondo, quasi completamente dipendente dagli aiuti internazionali. Abitato da etnia araba e di religione islamico-sunnita al 90% ha una aspettativa di vita di 63 anni e con un'alta mortalità infantile. Da anni dilaniato dalla guerra civile tra fazioni con bombardamenti su scuole e abitazioni e l'Onu denuncia ogni anno le migliaia di vittime tra cui donne e bambini.

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Lo Yemen, le aree controllate dalla guerriglia e dal governo centrale. Infograficapisano©RIPRODUZIONE RISERVATA
Yemen - Pandemia: l’opportunità
Come gli attori della guerra in Yemen considerano il COVID-19 un’opportunità per cercare di vincere
Laura Silvia Battaglia
Per mesi, in Yemen, del coronavirus ci si è fatti beffe. Da marzo circolavano on-line sui social media meme e video con immagini di uomini che vestivano bottiglie di plastica o imbuti di stagno a mo’ di mascherine, così per riderci su; le massaie si inviavano catene di messaggi su WhatsApp con il decotto dei miracoli da propinare notte e dì per allontanare il virus (limone, zenzero e cardamomo); predicatori dell’ultima ora indicavano il virus come «il soldato invisibile» che punirebbe gli infedeli nelle società opulente e che mai e poi mai avrebbe potuto toccare i musulmani nella sacra terra d’Arabia.
(...)

Medio Oriente - Yemen: pace e petrolio
Laura Silvia Battaglia
Si sono conclusi con un primo accordo formale di non belligeranza nella città portuale di Hodeida i colloqui di pace inter-yemeniti avvenuti lo scorso dicembre nella città di Rimbo, a 50 chilometri a Nord di Stoccolma, in Svezia. È il primo successo da tre anni a questa parte (cf. Regno att. 4,2018,106), visto che tutti i precedenti colloqui di pace erano finiti in un nulla di fatto; tuttavia, anche in questo caso, si è proceduto per prima cosa a definire solo uno scambio di prigionieri tra le parti (2.000 soldati lealisti in cambio di 1.500 ribelli houthi).
(...)

http://www.ilregno.it/
Il Regno Attualità e Documenti
A partire da un anno dopo lo scoppio (2015) del conflitto in Yemen, su Il Regno-attualità abbiamo seguito passo passo l’evolversi sia della situazione bellica sia civile, con articoli a firma di Laura Silvia Battaglia e di altri. «L’importanza yemenita» (2,2016,22) era il primo della serie; «Resistere al terrore» descriveva il clima di una quotidianità stravolta dai combatti- menti e «Martiri per la carità» (4,2016,106s) parlava della testimonianza di una piccola comunità di religiosi e religiose che ha pagato con la vita la sua presenza pastorale nel paese; «Dimenticati» (22,2016,658) registrava come uno dei più sanguinosi conflitti al mondo fosse anche uno tra i più negletti dalla stampa internazionale; «Guerre: la fame come arma» (12,2017,344) indicava come lo Yemen fosse al centro di una crisi alimentare formidabile dovuta al blocco navale imposto dalla Coalizione guidata dall’Arabia saudita; «Senza soluzioni» (4,2018,106) prendeva atto del fallimento di un tavolo negoziale in cui di fatto erano presenti molte potenze che vivono nel Golfo; mentre, «Pace e petrolio» raccontava come una delle trattative forse più promettenti si sta giocando attorno alla spartizione dell’oro nero (2,2019,45).
Maria Elisabetta Gandolfi
http://www.ilregno.it/attualita/2020/12/yemen-pandemia-lopportunita-laura-silvia-battaglia
Infograficapisano©RIPRODUZIONE RISERVATA

Santa Sofia dopo 85 anni torna ad essere Moschea

Da Museo a Moschea

Ritengo di essere stata fortunata a visitare la meraviglia di Santa Sofia a Istanbul in Turchia. Basilica voluta dall'Imperatore Giustiniano, esempio di architettura bizantina, amata dalla chiesa ortodossa orientale, dalla cattolica romana e dall'universo musulmano. 

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Santa Sofia a Istanbul Foto Pisano©RIPRODUZIONE RISERVATA
Spettacolari le colonne corinzie di granito e quelle di marmo verde di Tessaglia dell'enorme interno, i tanti mosaici a fondo dorato con l'Imperatore Costantino, sono visibili ancora quelli con gli Arcangeli Gabriele e Michele, poi l'immagine di Cristo e i Profeti, i marmi finemente lavorati e gli stucchi, la grandiosa cupola che diffonde all'interno una luce soffusa e mistica, la galleria superiore con la Loggia dell'Imperatrice e gli immensi lampadari. 

Una fusione di elementi cristiani e islamici una sensazione di bellezza difficile da dimenticare. Dal 537 e per quasi mille anni fu cattedrale Greco-cattolica, poi ortodossa, poi sotto Costantino fu convertita dai crociati a cattedrale cattolica di rito romano, infine divenne moschea ottomana nel 1453 fino al 1931. Ora Recep Tayyip Erdogan ha cancellato il decreto di Ataturk del 1935 che nominava il tempio in Museo, e ha riaperto, il 10 luglio di quest'anno, al culto islamico Hagia Sophia.

Il ministro degli esteri turco Hami Aksoy si è affrettato a rassicurare sul nuovo status dichiarando che resterà patrimonio culturale universale protetto dall'Unesco, aperto a tutte le religioni, anche se sarà visibile solo al di fuori degli orari della preghiera e dei riti islamici, quindi cinque volte al giorno, e dovranno essere preventivamente oscurati e coperti con tendaggi tutti i simboli cristiani presenti all'interno, ricorrendo anche ad eventuali giochi di luci ed ombra. Insomma niente sarà come prima.
Bruna Pisano ©RIPRODUZIONE RISERVATA

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