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La Nuova Via della Seta dagli antichi Romani ad oggi

Dalla Via della Seta alla Nuova Via della Seta. Un progetto o forse solo un sogno nel cassetto

丝绸之路 Quante volte di recente abbiamo sentito parlare di una nuova Via della Seta ‪(丝绸之路‬). È un argomento che a molti di noi riporta indietro sui sussidiari di scuola primaria, quando si potevano leggere le storie degli splendori dell'Impero romano o dei viaggi in Cina di Marco Polo con avventurosi racconti di carovane e commerci di spezie e stoffe preziose in luoghi sconosciuti e misteriosi. Ebbene si tratta dell'antico concetto di scambio commerciale e di contaminazione culturale di una strada che in passato univa l'Occidente all'Oriente ma concettualmente più ampia, diciamo pure più moderna, anche se con gli stessi obiettivi e finalità di allora.  

La Nuova Via della Seta, detta anche BELT AND ROAD INITIATIVE (BRI) oppure ONE BELT ONE ROAD (OBOR) è un piano portato alla ribalta internazionale nel 2013 dal presidente della Repubblica Popolare Cinese Xi Jinping con l’intenzione di dare vita a un progetto capace di connettere il Celeste Impero a tutto il resto del mondo. Costruire una rete commerciale e infrastrutturale, che colleghi l'Asia con l'Europa e l'Africa seguendo proprio le antiche rotte commerciali terrestri della Via della Seta partendo dalla Cina attraverso l'Asia centrale, verso il Medio Oriente e fino all'Europa. Uno degli altri grandi obiettivi cinesi di questo progetto è quello di politica interna e sarebbe di incentivare lo sviluppo regionale e cercare di ridurre la disparità tra le regioni costiere e quelle interne attraverso la costruzione di opere pubbliche di grandi dimensioni con la modernizzazione delle aree interne depresse.

Nell'infografica tutti i percorsi terrestri e marittimi del progetto cinese

La Nuova Via della Seta. ©infograficapisano RIPRODUZIONE RISERVATA
 IL CORRIDOIO TRANS-CASPICO. La nuova via parte quindi dalla Cina attraversa il Kazakistan, il Mar Caspio, l'Azerbaigian e la Georgia fino all'Europa passando per la Turchia, che grazie alla sua posizione strategica tra il Caucaso e l'Asia, assicura i collegamenti di questo corridoio. Una gran parte di 4 milioni di tonnellate di merci da trasportare sul corridoio trans-caspico sarà composta da prodotti come il grano del Kazakistan. Sarà utilizzato anche per il trasporto di carbone e prodotti in metallo. Dalla Turchia saranno trasportati prodotti tessili e materiali da costruzioni. Questa via costituisce una delle principali tratte del progetto. Un'altra base del piano è la ferrovia Baku-Tbilisi-Kars (BTK) che dovrebbe trasportare quasi 1 milione di passeggeri e 6,5 milioni di tonnellate di merci all'anno, prima di sbloccare un potenziale di trasporto merci fino a 50 milioni di tonnellate all'anno, quest'altro corridoio faciliterà ulteriormente il trasporto di merci e passeggeri dalla Cina all'Europa e dalla Russia all'Asia meridionale fino all'Africa

Xi Jinping Foto Imago/Xinhua/Ju Peng
GLI INVESTIMENTI. Il piano punta a coinvolgere quasi 65 Paesi che raccolgono circa il 65% della popolazione mondiale e il 40% del Pil. All'inizio la sua realizzazione il costo stimato era di oltre 900 miliardi di dollari e quindi Pechino già nel 2014 mise in campo un fondo da 40 miliardi con il Silk Road Fund, volto ad attrarre nuovi investimenti esteri (China Investment Corporation-Export and Import Bank-China Development Bank). Altri 100 miliardi di dollari verrebbero dalla Banca Asiatica d'Investimento per le Infrastrutture (Aiib), una banca di sviluppo alla quale partecipano anche vari Paesi europei. Con l'obiettivo di creare una rete di supporto economico che potrebbe facilmente allargarsi e rendere possibile uno dei più grandi investimenti infrastrutturali di sempre. 

LE TRATTE TERRESTRI E MARITTIME. Sono previsti di due percorsi commerciali uno di tipo terrestre e uno di tipo marittimo.

One Belt: Il percorso terrestre comprende tre diverse rotte che connettono la Cina con Europa, Medioriente e Sud Est Asiatico

La prima rotta: da Xi’an città situata nel centro della Cina si snoda attraverso il centro dell’Asia, ovvero nel Kazakhistan e in Russia (Mosca), fino al Mar Baltico. La seconda rotta: da Xi’an attraversa il Medio Oriente, nello specifico Islamabad (Pakistan), Teheran (Iran) e Istanbul (Turchia). La terza rotta: da Kunming attraverso il sud-est asiatico, comprendendo Thailandia e Myanmar e terminare in India.

One Road: Il percorso marittimo, diviso in due rotte che si snodano rispettivamente verso l’Oceano Indiano e verso le isole del Pacifico

La prima rotta: inizia dal porto cinese di Fuzhou e attraversa l’oceano Indiano toccando Malesia, Sri Lanka, l'Africa e il Mar Rosso arrivando in Europa nel Mar Mediterraneo come direzione Venezia e Trieste. La seconda rotta: parte sempre da Fuzhou e arriva alle isole Pacifiche attraverso il Mar della Cina.

Nave Cargo cinese

 Treni a Hefei nella Cina Orientale Xinhua/Huang Bohan da Global Times
LO STOP NELL'ANNO DELLA PANDEMIA. Molto facilmente la Cina era riuscita a coinvolgere nel progetto molti Paesi per lo più nel Sud-est asiatico e nell'Africa ma anche in Europa Centrale e Asia Centrale perfino in Europa (l’Italia ha firmato nel 2019 un Memorandum d’intesa). Poi a fine 2019/2021 con la pandemia del Covid lo scenario è cambiato. La crisi economica scaturita dai vari lockdown in molti paesi e nella stessa Cina, ha ridotto gli investimenti e quindi alcune spese sono state ridimensionate per dare la precedenza a questioni interne. 

UN SOGNO SPEZZATO? Molti debiti contratti da vari governi soprattutto nei Paesi poveri africani e nel Sud-est asiatico e le sofferenze bancarie hanno di fatto costretto la Cina a ridimensionare le ambizioni di espansionismo commerciale e a non rischiare di prestare miliardi per le infrastrutture a paesi che potrebbero non poter restituire il denaro. Molti paesi che hanno già beneficiato dei prestiti e li hanno onorati mentre altri per esempio come la Nigeria, che aspettava un finanziamento alla Bank of China di 3 miliardi di dollari per un gasdotto e che invece se lo è visto negare. Molti prestiti delle banche cinesi destinati a vari progetti della BRI in Africa sarebbero passati dagli 11 miliardi di dollari del 2017 ai 3,3 del 2020 lasciando molti piani infrastrutturali in sospeso. Una cosa è certa che il governo cinese in questo momento si è messo in modalità di attesa e per adesso non è intenzionato a fare spese investire capitali che potrebbero compromettere soprattutto gli equilibri interni del paese.

Un antico tracciato della Via della Seta
UNA LUNGA STORIA SECOLARE. La Via della Seta era l'antica via commerciale che collegava l'Oriente all'Occidente e che veniva usata per il trasporto soprattutto di merci ma anche di idee tra le due grandi civiltà quella di Roma e quella della Cina. I tessuti preziosi come le sete venivano in occidente e invece i metalli preziosi come l'oro e l'argento andavano verso la Cina, per le idee c'erano anche le religioni che arrivarono dall'Occidente come il Cristianesimo oppure il Buddismo direttamente dall'India. AD UN CERTO PUNTO della storia questa Via divenne sempre più pericolosa e poco frequentata.

All'apice dell'Impero Romano, il commercio terrestre unì molte culture dell'Europa, del Nord Africa, dell'Asia Minore, della Cina e dell'India. Con il cristianesimo e il declino dei grandi imperi il sistema di trasporto su strada cadde in declino e fu dimenticato per secoli riducendo così di molto i flussi del commercio. Un po' come oggi ma per ragioni diverse. Solo con Carlo Magno nel VIII secolo ci fu una rinascita dei percorsi delle antiche strade romane per esempio nel IX secolo i Saraceni arrivarono in Spagna attraverso questa rete e intanto anche i Vichinghi già gestivano la rotta commerciale che collegava il Mar Baltico e il Medio Oriente attraverso la Russia.

Nel XII secolo ci fu una rinascita definitiva dell'uso delle strade e dei percorsi che portavano cibo grazie anche a quelle nuove costruite che collegavano le città che nascevano in fretta in tutta Europa. Aumentarono i carri e carrozze con le ruote  e ci fu un risveglio d'interesse per i viaggi via terra con più protezioni e spesso con pedaggi e tasse destinate alla loro manutenzione. Nel XIII e XIV secolo il percorso fu ripreso sotto i Mongoli, e in quel periodo il veneziano Marco Polo lo utilizzò per recarsi in Cina come dal noto racconto in lingua franco-veneta del 1298 de IL MILIONE.

Alcune illustrazioni de Livre des merveilles du monde. I viaggi di Marco Polo, detto IL MILIONE

Resta opinione diffusa nei secoli che questo percorso attraverso le carovane terrestri fosse uno dei modi d'introduzione dei virus delle epidemie di Peste Nera che sconvolsero l'Europa nella metà del XIV secolo dove morirono quasi 20 milioni di persone desertifiando quasi il continente. Oggi ancora con la storia del Covid-19 si ripresenta il vecchio ricordo ma questa volta con altri percorsi, altre tecnologie moderne di diffusione, con la differenza che la Peste Nera uccise solo in Europa, questo virus invece ha provocato uno sterminio su tutto il pianeta. Ma questa è un'altra storia che è ancora tutta da scoprire e da scrivere per intero.

Parte della vecchia Via della Seta esiste ancora, sotto forma di un'autostrada oggi asfaltata che collega il Pakistan e la regione cinese autonoma uigura dello Xinjiang. E alla fine del racconto tutto questo progetto sarà un giorno una realtà o solo megalomanie di potenti o un semplice ma incredibile sogno da tenere ancora nel cassetto.

Il paesaggio di Tashkurgan, Kashgar ©Ratnakorn Piyasirisorost/Getty Images
La Karakoram Highway si inerpica sull’Himalaya e raggiunge il Pakistan ©Ratnakorn Piyasirisorost/Getty Images
Bruna Pisano©infograficapisano. RIPRODUZIONE RISERVATA


11 settembre. La lunga notte dell'informazione

11SETTEMBRE. LA LUNGA NOTTE DELL'INFORMAZIONE A L'ESPRESSO.
Avevamo appena chiuso il numero de l'Espresso quel pomeriggio, in anticipo come sempre, ed era tutto andato bene. Avevo spento il Mac, quando pensai di fermarmi per fare un'ultima chiamata. La voce al telefono di mio padre mi sembrò più agitata del solito. Mi descrisse una cosa in diretta mentre guardava la televisione, una cosa strana che stava accadendo proprio in quel momento. Era un'immagine in diretta dagli Stati Uniti che faceva vedere un aereo che si infilava in un grattacielo. Pensai fosse una fiction e quasi lo presi in giro, ma lui con tono molto serio quello che aveva quando intendeva "metterti al posto tuo" disse serio, «Non sembra uno sceneggiato, sembra proprio una cosa vera e poi hanno interrotto i programmi ed è una diretta sul telegiornale. Guarda che sembra proprio una cosa molto grave».

LA CHIAMATA DI EMERGENZA. Lasciai perdere la telefonata e uscendo mi chiamò il grande capo, Franco Originario. Il freddo art director della sezione dei grafici de l'Espresso, che in genere personalmente non chiamava mai e mentre se ne stava dentro il suo ufficio-bunker di vetro a controllare il servizio faceva chiamare altri. Capii che era successo davvero qualcosa. Anche lui con voce grave mi disse di tornare "immediatamente" in redazione perché il giornale doveva essere rifatto da capo. Senza particolari aggiunse di non prendere altri impegni per le ore a seguire. Pochi metri in realtà, perché la sede storica dell'Espresso di allora era in una deliziosa palazzina del '900 in Via Po quartiere Trieste di Roma ed era molto vicina allo studio. Mi precipitai francamente con un po' di ansia e capii immediatamente che doveva essere successo qualcosa di assolutamente straordinario. 

IL GHOTA. C'erano proprio tutti in redazione. Il ghota del miglior giornalismo di quell'epoca, in quel lungo corridoio del primo piano, il direttore Giulio Anselmi, Antonio Padellaro, Giampaolo Pansa, Antonio Gambino, Eugenio Scalfari, Bruno Manfellotto, Roberto Fabiani, Dante Matelli, Enrico Pedemonte, Pinna, Zaffina, Damilano, Mucchetti, Rossetti, De Nicola, c'era persino l'Ingegnere De Benedetti e tutti gli inviati in collegamento da tutte le parti del mondo, e tutti in redazione dai fattorini ai vicedirettori al fotografico e alla segreteria si accalcavano, si agitavano e discutevano davanti ai televisori che stavano mandando in onda uno speciale collegamento da New York, quando il secondo aereo improvvisamente ripreso in diretta dalle telecamere si schiantò sul secondo grattacielo. Quello del World Trade Center. Mi venne in mente che conoscevo bene quel posto perché lo avevo visitato forse l'anno prima perché ero a New York ed ero andata a trovare una mia amica svedese che lavorava in un famoso studio di avvocati statunitensi proprio in un piano di quel bellissimo grattacielo.

Rifacemmo tutto il giornale dalla prima all'ultima pagina. Una edizione speciale, con una pressione e ansia inaudita, palpabile, con le notizie che arrivavano velocemente e si accalcavano una sull'altra, si parlava di altri aerei pronti a colpire di allarmi bomba continui, non si sapeva dove avrebbero ancora colpito e quella notte sembrava non dovesse finire mai.

Tutti lavorammo fino all'alba cercando di restare lucidi e sicuramente già consapevoli che quell'11 settembre sarebbe poi diventato un fatto clamoroso che avrebbe cambiato la storia sia dell'America e anche di buona parte del resto del mondo. Abbiamo dato il massimo tutti insieme e abbiamo sentito tutti l'importanza di fare un giornale all'altezza della gravità del momento. Ci siamo riusciti perché il nostro gruppo era veramente straordinario.

 

«Stanotte i taxi solo per voi della stampa, non gira un'anima a Roma» disse l'autista che mi riportava a casa col chiarore dell'alba. Non ero stanca avevo in corpo tanto di quel caffè e di quella adrenalina che avrei potuto lavorare ancora per 10 ore. Sapevo che dopo poche ore tutto si sarebbe ripetuto e sarei dovuta ritornare di nuovo in redazione a breve. «L'accompagno a casa, basta però che non è zona San Pietro, perché l'esercito ha bloccato il Vaticano... ah Signo' stanotte hanno portato in salvo il Papa in un posto segreto, dicono che faranno salta' pure er cupolone... sti infamoni!».


Ripensai per un attimo a mio padre che mi aveva dato la notizia in diretta e che era rimasto colpito da immagini così incredibili, ma soprattutto pensai a mia madre, che sicuramente avrebbe colto l'occasione di pronunciare per l'ennesima volta la frase che più la terrorizzava da sempre e cioè «Non sarà mica che adesso scoppia di nuovo la guerra!». Una sua grande paura che l'ha accompagnata nella vita, forse perché la guerra l'aveva vissuta in prima persona, e sapeva che prima o poi per la follia di chi sta nella stanza dei bottoni o in qualche caverna un conflitto sarebbe potuto di nuovo accadere.

Nella foto la copertina dello speciale di quel giorno. Le immagini sono dell'Ansa. BrunaPisano©RIPRODUZIONE RISERVATA

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